«Nella nostra città si sta registrando un nuovo fenomeno legato all'immigrazione cinese», ci dice Gianluca Niccolai, Direttore della Confcommercio. «Si tratta del progressivo trasferimento della forza lavoro dal settore tessile-manifatturiero, che da noi è in crisi, verso il settore del commercio. Ricordo che siamo in presenza di immigrazione di seconda o terza generazione, ormai italianizzata. Hanno aperto progressivamente ristoranti poi negozi d'abbigliamento, conoscono l'italiano, e gestiscono locali aperti a tutti e non rivolti solo alla loro etnia. Il classico cinese immigrato che non conosce l'italiano va nel tessile, nei capannoni. Vi è poi un'altra particolarità rispetto a Vicenza: Gran parte della comunità risiede in una zona specifica, Via Pistioiese, dove esiste una situazione con esercizi di commercio e pubblico esercizio che servono per la comunità cinese. In quella zona da qualche tempo, per motivi di ordine pubblico, vige il divieto di apertura dei pubblici esercizi fino alle 24».
Quanti sono nel commercio?
«Non ci sono dati. Sfuggono al controllo. Con la liberalizzazione nemmeno il comune ha dati così aggiornati. Penso che le rilevazioni debbano essere fatte strada per strada. Certo è che a colpo d'occhio il fenomeno si nota. Non esiste strada di Prato senza cinesi».
Come vengono percepiti?
«Dagli negozianti non vengono percepiti in maniera così negativa, anche perché dal punto di vista dell'ordine pubblico sono quelli che creano meno problemi. Crea più disagio un rumeno ubriaco o senegalese chiassoso che il cinese. Il cinese è poi un gran lavoratore».
Non c'è il problema della concorrenza sleale a basso prezzo e sleale?
«Non è concepito ancora come problema. Avverte disagio invece chi vive in zone intensamente popolate da cinesi».
Hanno occupato spazi liberati dal commercio pratese?
«Partiti dalla loro zona si sono allargati si sono avvicinati al centro storico. Hanno iniziato con bar e ristoranti esercizi in difficoltà, in procinto di chiudere. Si sono poi allargati al commercio, che va ormai dalla classica cineseria alle grandi marche in pieno centro. Un'integrazione positiva. Quando una comunità si apre spazi ben visibili e in posti di prestigio credo sia maggiormente integrata. Credo poi che il fatto di gestire esercizi commerciali, esposti, lasci meno spazio a possibili irregolarità».
A Vicenza c'è preoccupazione. È un fenomeno che sembra dilagare.
«Qui siamo in una fase successiva. Cinque o sei anni fa avevamo più paura. Abbiamo assistito ad un fenomeno di integrazione e gli stessi cinesi capiscono che per stare sul mercato italiano devono per forza lavorare in maniera diversa... essere più europei.
Nella classe di mia figlia il 40% degli alunni è cinese. Mio figlio più piccolo ha il migliore amico cinese. Quando si parla cinesi di seconda e terza generazione non fanno paura».
Tornando al commercio. Esiste il problema reale dei prezzi troppo concorrenziali.
«Sì. Se ne discute ed è uno degli aspetti più negativi. Fanno concorrenza pericolosa. Non mi sento del tutto di andare di dare sentenze di condanna e il fenomeno si può delimitare. Se si parla infatti di un parrucchiere, dove in questione è il servizio alla persona, il prezzo basso lascia il tempo che trova. Chi lavora con elevati standard qualitativi non deve temere. Chi fa un servizio scarso deve temere ed è comunque portato a migliorare».