NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Cibo erotico ed eros gastronomico

In scena per Operaestate una commedia molto originale nella quale alcuni spettatori diventano commensali

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Eros e Cibo

Mercoledì 28 luglio a Villa Mastai Ferretti a Molvena, per la rassegna Operaestate, è andata inscena la commedia "Eros e Cibo" ad opera della compagnia "Teatro delle Forme". Due amici preparano da mangiare per sei signore del pubblico invitate sul palco e nel mentre discutono sulla loro ex amante, rivelando personalità differenti e modi diversi di intendere l'amore, esprimendosi attraverso il rapporto con il cibo. Abbiamo incontrato Antonio Damasco, che ha scritto e diretto la pièce ed è intervenuto Oscar Malusa, coprotagonista.

Due protagonisti: uno più formale e uno più caciarone, il primo offre vino nel bicchiere di vetro e l'altro coca cola nel bicchiere di carta. Nelle coppie comiche c'è sempre questo tipo di dualismo, meglio ancora se uno è del Nord e uno del Sud. C'è una dualità caratteriale anche nel binomio eros e cibo che proponete voi?

Antonio Damasco: «Spesso le domande che ci fanno i giornalisti noi non ce le siamo fatte. Una parte del lavoro teatrale che viene fatto insieme è cosciente, un'altra no. In realtà l'eros è il racconto di un qualcosa che è ancora diverso dal sesso e dalla sensualità, è il racconto di qualcosa che diventa. Il cibo essendo una cosa "di pancia" è legato al mio personaggio più viscerale, l'altro è più intellettuale e filosofico».

Nella commedia voi parlate di una donna di cui siete stati entrambi amanti, la descrivete in due maniere completamente diverse e questo porta anche a un conflitto tra i due amici. C'è un conflitto anche tra eros e cibo?

«In realtà, dal mio punto di vista, eros e cibo rappresentano la sintesi: il cibo è molto erotico di per sé e l'eros è molto gastronomico. L'eros è il gusto di sapersi raccontare, il cibo diventa qualcos'altro: è la rappresentazione stessa del cibo e il modo in cui lo si mangia che diventa erotico. In realtà eros e cibo sono una fusione, la stessa cosa».

Ci sono molte nevrosi legate al cibo, quasi sempre sono di origine affettiva e sono spesso molto devastanti. Ancestralmente il cibo è legato all'idea della madre che nutre e dà la vita. Chi è l'uomo che cucina per la donna, oggi?

Oscar Malusa: «In "Eros e cibo", l'uomo che cucina maggiormente sono io è un uomo che non lavora in un ristorante ma a casa. È una figura molto moderna del cuoco, molto intellettuale, che non ama la cucina popolare che invece l'altro ama, vuole degli ingredienti precisi: mi arrabbio e mi inalbero perché lui mi dà delle ricette buttate a caso, non sopporta il suo lato pressappochista e casuale e forse lo invidia un po' perché lui è più passionale. Nina con lui è più disinibita e io ammetto con che con me non la è, io ho altre vittorie, sulla finezza. L'uomo che cucina, oggi è molto raffinato e che lo fa al di là dell'attività di ristoratore. Secondo me il mio personaggio ha voglia di dimostrare qualcosa».

Il fatto che descrivono la stessa donna in maniere diverse, vuol dire che uno dei due ha perso?

A.D.: «No credo che sia la parte migliore e più bella dell'amore: non c'è nulla di oggettivo, c'è solo la percezione, soprattutto quando uno è infatuato e innamorato vede solo cose belle. Ad un certo punto si dice: ci siamo innamorati di quella donna con quei capelli, quegli occhi, com'è che ad un certo punto quei capelli e quegli occhi non ci vanno più bene? È la percezione di quel momento lì, io vedo delle cose di Nina che lui non vede e viceversa».

Ma il problema non è che forse, oggi, si parte dalla carnalità per poi eventualmente ad un contatto umano? Sono dei paletti sociali: questa persona è vestita così, parla così, si atteggia così e questo ti impedisce di vedere questa persona davvero com'è?

«È assolutamente così, e noi siamo limitati: la parte percettiva è ancora molto importante e aggiungerei anche quella olfattiva».

Parlateci del vostro "Teatro delle forme"

«Nasce nel '95 da un gruppo di fanciulli che ora fanciulli non sono più, dall'idea di iniziare un lavoro sulla drammaturgia, perché spesso quasi non si scrive più per il teatro ma si fanno regie. Quasi tutti i nostri testi invece sono scritti e la seconda parte fondamentale è quella di unire il teatro d'innovazione con quello che è il teatro popolare e non dimenticarsi di queste due anime di un teatro italiano che si è diviso completamente».

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