NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Bella lezione alla biblioteca “La Vigna” sul “Chaos del Triperuno” di Teofilo Folengo

Il professor Otello Fabris, presidente del “Macaronicorum Ristoratorum Baxanianum Collegium” ha presentato lirica, linguaggio e gastronomia nell’opera del grande poeta

di Gianni Giolo
giolo.giovanni@tiscali.it

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Bella lezione alla biblioteca “La Vigna” sul “Chao

Introdotto dal prof. Mario Bagnara, Otello Fabris, presidente del "Macaronicorum Ristoratorum Baxanianum Collegium", ha tenuto, alla biblioteca internazionale "La Vigna", una conferenza sul tema "Lirica, linguaggio e gastronomia nel Chaos del Triperuno di Teofilo Folengo". «Quest'opera - ha esordito Fabris - è veramente un caos, per la molteplicità di argomenti che presenta: discussioni letterarie sull'emergente lingua toscana, sulle espressioni poetiche, discussioni filosofiche, teologiche, questioni religiose, di potere. Il tutto visto da un poeta affermatissimo, che però non si dimostra più sicuro di niente, neppure delle proprie scelte. Ci limiteremo perciò ad approfondire qualche aspetto che non è stato nemmeno affrontato alla "Cipadensis Reipublicae Festa Quarta" dello scorso giugno, quando gli Amici di Merlin Cocai hanno presentato a Parma l'edizione anastatica del Chaos del Triperuno, con l'intervento del prof. Antonio Daniele dell'Università di Udine».

 

Opera misteriosa

Quest'opera folenghiana è circondata dal mistero rappresentato dalla molteplicità delle allegorie e dei giochi verbali che vi sono contenuti. Opera poco conosciuta - pubblicata nel 1527, nel momento più critico della biografia folenghiana- che merita tuttavia una rilettura, non fosse altro per le fantastiche ambientazioni, vaganti tra il Paradiso Terreste e il Paese di Cuccagna e per la discussione sull'inopportunità di adottare il toscano come lingua nazionale. Tuttavia ci interessa qui presentare alcuni aspetti dell'opera, legati soprattutto al modo di far poesia del Folengo, al quale è stata riconosciuta la sovranità artistica sugli autori macaronici di tutte le epoche che gli sono tutti inferiori in termini e distanze incommensurabili. La sua fama è legata al suo principale poema, il Baldus, pubblicato in quattro diverse redazioni, in altrettante sillogi poetiche dal nome genericamente noto come Macaronee. La bellezza, la varietà e la vastità di questo poema hanno sempre creato difficoltà alla lettura delle altre sue opere, emarginate subito tra la sua produzione minore, se non bollate quasi come opere rozze e prive d'ispirazione, espresse in un linguaggio ostico e pesante. Il Chaos del Triperuno soggiace all'uso di un numero, il tre, come tre sono le nere folaghe che compaiono nello stemma di casa Folengo.

 

Merlino, Limerno, Fulica

Lo vediamo stampato nel frontespizio, quasi a togliere dall'anonimato l'autore, il cui nome non compare se non nella formula TRI PER VNO; nome suddiviso in tre parti, ciascuna formata di tre lettere. All'interno dello stemma vengono aggiunte tre lettere: M = Merlino; L = l'anagramma Limerno, F = Fulica, ossia Folaga, l'uccello palustre che dà il nome alla casata mantovana. In centro dello stemma la lettera T sintetizza le altre: Triperuno. A fianco dello stemma due iniziali: a sinistra FE.; a destra GO., cioè Federico Gonzaga, amico e protettore del Folengo. Lo stemma verrà ripetuto in altre due pagine, in apertura delle Selve Seconda e Terza. In questo caso con dedica all'umanista veneziano Giovanni Grifalcone, nell'altro al capitano della città di Bergamo, Camillo Orsini. A costoro il Folengo deve il sostegno psicologico e materiale al momento dell'uscita da Santa Maria della Neve in Torrechiara, quando abbandona la comunità benedettina. A Francesco Gonzaga il Folengo aveva già dedicato belle pagine nel Baldus e tutta la battagliera opera che precede il Chaos: L'Orlandino.

 

Un'autoanalisi del poeta

C'è in queste tre opere, che successivamente si susseguono, anche una progressione di contenuti. In particolare, il Chaos espone un'autoanalisi che il poeta fa di sé, in tre particolari momenti della sua formazione: la giovinezza di Limerno, incline al classicismo, la maturità di Merlino, materialista e macaronico, la vecchiaia di Fulica, l'eremita incline all'osservazione del messaggio evangelico forse più per amor di se stesso, che per amor di Dio. Queste tre personalità convergono nella figura di Triperuno, personaggio che non si muove da protagonista, ma osserva, e alla fine compendia ogni contraddizione, riconducendola a Cristo redentore. Come già il Baldus e l'Orlandino, anche il Chaos è opera che verte quindi sulla redenzione dell'uomo. Uomo che sempre si dimostra indegno del disegno di Dio, fondato sull'amore incondizionato per le sue creature.

«Siamo tre, tuttavia di un'unica anima e di un unico corpo. Uno lo vedi al sorgere, l'altro lo vedi cadere, il terzo che si risolleva. Il primo obbedisce alle leggi della natura, il secondo alle cose scismatiche, l'ultimo al comando evangelico. Sotto il finto nome di Triperuno siamo chiusi dentro: un bambino, un giovane e un uomo, ma sono un tutt'uno».

 

Il tema della lingua

Il tema della lingua è uno dei temi portanti del Chaos, e non solo quando Folengo parla della sua maturazione personale, da quando, cioè Merlino dice che «essendovi non so qual poeta mantoano, per un eccesso non picciolo, destinato dal Signore a patirne un onesto essiglio» deve partire - per proseguire gli studi - verso Ferrara, dove compone poesia in stile petrarchesco, in lode alla città, nata in palude ricca di rane e zanzare e altrettanto scarsa di vini degni di tal nome. Lo spirito poetico emergente è comunque già merliniano, nonostante persino la prosa che egli usa sia strettamente petrarchesca. La discussione si svolge in molteplici dialoghi, dal tono comico-burlesco, ma ciò nulla toglie alla sostanza delle tesi folenghiane: lasciamo il toscano ai toscani, ai lombarduzzi mangiarape il lombardo, manteniamo in onore il latino, lingua universale. Culturalmente, ci troviamo di fronte a uno che non sa cosa sia il termine "provinciale" applicato alla cultura. È un genio universale, che non disdegna il suo habitat. Anzi, è Cipada, Caput Mundi, nello stesso modo che Pieve di Soligo lo è per Zanzotto. Anzi, Limerno dice che «lo proprio parlare de' lombardi - fra i quali comprende i veronesi - sarìa lo latino». Nelle tesi folenghiane al macaronico è riservata la funzione di un linguaggio finalizzato esclusivamente alla creazione artistica. Merlino è convinto che «molto più di fama e gloria conseguiranno per lo avenire li scrittori latini che gli toscani, quantunque oggidì a molti lo contrario appaia, servando però sempre la dignitade de la mia macaronesca».

In questo atteggiamento, palesemente contrario alle opinioni del Bembo, il Folengo è più vicino alle tesi del vicentino GianGiorgio Trissino; o forse è viceversa, visto che "La Grammatichetta" di Gian Giorgio Trissino viene stampata a Vicenza nel 1529, due anni dopo il Chaos.

Il linguaggio per cui egli tende prende atto degli ibridismi locali, mirando ad ottenere una lingua "illustre e cortigiana", sottratta al predominio della tradizione toscana.

 

nr. 41 anno XV del 13 novembre 2010

 

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