NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Dischi: fotografia di un momento

Roberto dalla Vecchia protagonista del concerto Vicenza Acustica, ci racconta le emozioni dell’evento andato in scena al Teatro Comunale

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Roberto Dalla Vecchia

Sabato 19 marzo, al Comunale di Vicenza, si è tenuto il concerto evento "Vicenza Acustica", giunto alla settima edizione. Protagonisti della serata, quattro musicisti italiani e stranieri: l'italiano Martino Coppo al mandolino, l'americano Jim Hurst e il basco Balen Lopez De Munain alla chitarra e il vicentino Roberto Dalla Vecchia, anche lui alla chitarra. "Vicenza Acustica è uno spettacolo che propone musicisti di ottima qualità", ci dice. Con lui abbiamo cercato di capire maggiormente il genere musicale proposto sul palco del TCVI.

Sabato sera hai presentato il tuo nuovo lavoro, "Hand in hand", che è il tuo quinto album. Come vivi questo traguardo?

Roberto Dalla Vecchia: «Oggi fare i dischi è diventato normale, è alla portata abbastanza di tutti sotto tanti profili, se una volta fare un disco testimoniava un certo valore ora questa cosa è andata persa. Il fatto che sia il quinto non ha importanza, nemmeno la bravura si misura in base a quanti dischi. Per me i dischi fanno una fotografia di un certo momento e mi piace farli per questo motivo: ora sono così, dove sono arrivato musicalmente, per questo l'ultimo disco che si è fatto sembra quello venuto meglio, perché inquadra di più quello che sono oggi. È sempre un momento importantissimo, fare un disco nuovo è il traguardo di tutto un processo, dallo scrivere le canzoni ad avere in mano il prodotto finito».

Sul palco hai suonato con altri tre musicisti tra i quali l'americano Jim Hurst che ha detto che ci sono molti flackpickers (suonare col plettro ndr) in giro ma non come te. Il bluegrass è un genere folk-country-blues tipicamente americano, come è successo che tu, che sei italiano, sia diventato più famoso da loro che non da noi? Addirittura il tuo stile è stato definito italian gusto.

«Detto da lui ha un valore doppio. Italian gusto è stato definito da me così perché la musica a cui faccio riferimento è tipicamente americana, non l'ho scelta io, quella è la musica che mi ha parlato di più e che mi ha dato più emozioni. Se si parla in genere del Nashville e del country, commercialmente vale più del rock, in America è una potenza economica. Questo genere si suddivide in tante sottocategorie tra cui il bluegrass che è davvero di nicchia, non ci sono dischi di bluegrass nella classifica americana. Alla fine io sono italiano e quando faccio questa musica la faccio da italiano, se è una cosa che quando ho iniziato era un difetto, negli anni invece ho capito che era proprio la chiave che piaceva a loro e che era la cosa su cui dovevo investire».

Quando si parla di chitarra acustica, generalmente si pensa subito a delle atmosfere mediterranee. Durante il concerto abbiamo sentito appunto un melting pot di tradizioni diverse. Introdurre elementi di gusto europeo, tradisce la tradizione o ne crea una nuova?

«Ci sono quelli che sono nati per mantenere la tradizione e tramandarla ai posteri (e guai se non ci fossero sennò perderemmo la fetta importante) e poi ci sono quelli che sono nati per esplorare e allargare i confini, io faccio parte della seconda».

Ho letto che c'è addirittura una compagine giapponese di bluegrass.

«Ed è importante, in Europa c'è l'ex Cecoslovacchia, scrivono canzoni in giapponese e in cecoslovacco».

Come mai? Nell'est hanno una tradizione di musica folk loro molto bella.

«In Giappone me lo spiego meno ma in Cecoslovacchia il bluegrass si lega molto con le loro tradizioni».

Uno degli strumenti più utilizzati in questo genere musicale è il mandolino, che però è tipico prettamente della tradizione partenopea. Come è successo che è diventato essenziale nel bluegrass, visto che le comunità italiane tendevano ad essere isolate dalle altre realtà di immigrazione negli Stati Uniti?

«Il mandolino nostro è quello con la pancia dietro, quello americano è piatto, richiama un po' il violino con le forme, il ricciolo eccetera. I liutai europei che sono emigrati negli Stati Uniti, i Gibson, hanno inventato questa cosa che ha preso un piede pazzesco. Come sonorità è simile all'italiano ma in realtà hanno due timbriche decisamente diverse».

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