NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
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Che ci fa Lech Walesa a Vicenza? C'è una ragione non casuale

A quasi trent'anni dalla cittadinanza onoraria, recupera nel Festival biblico le ragioni ideali che furono alla base della sua opera e di quella del grande Papa Karol Wojtyla

di Giuseppe Brugnoli

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Che ci fa Lech Walesa a Vicenza? C'è una ragione n

Walesa, chi era costui? Viene quasi spontanea la domanda, che riecheggia ma più ancora ripete il famoso incipit de I promessi sposi di Manzoni, di fronte alla notizia che Lech Walesa, che capeggiò negli anni Settanta del secolo scorso la grande resistenza degli operai polacchi Che ci fa Lech Walesa a Vicenza? C'è una ragione n (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)all'oppressione del comunismo imperante, e che in seguito a questo vinse le prime elezioni libere dopo la caduta del governo comunista, fu presidente della Polonia, premio Nobel per la pace e quindi fu buttato fuori da tutto proprio perché la sua presenza era troppo invasiva, sarà presente a Vicenza alla fine di maggio al Festival biblico. In questa sua edizione, lunga una decina di giorni, porterà, non solo nella città berica ma anche in altri otto centri importati della provincia e della diocesi, decine di personaggi, a cominciare dal cardinal Gianfranco Ravasi, con biblisti e filosofi, archeologi e rabbini, preti e teologhe, ad approfondire, illustrare e porgere al pubblico, che si spera superi quello dello scorso anno, che raggiunse i trentamila partecipanti, un tema importante e intrigante espresso dal motto “Di generazione in generazione”.

Che ci fa un ultrasettantenne sindacalista polacco, che a suo tempo divenne famoso nel mondo per aver capeggiato ai cantieri Lenin di Danzica una forma di resistenza passiva agli ukase di un occhiuto governo di stampo sovietico? E chi oggi, soprattutto tra i giovani che sono particolarmente invitati al Festival biblico di Vicenza, lo conosce, ne ricorda le gesta che a suo tempo lo fecero celebrare come un eroe in tutto il mondo libero, e che poi, quando la sua presenza divenne ingombrante anche per coloro che egli condusse alla libertà, lo portarono all'esclusione e all'isolamento?

In realtà, se il motto del Festival biblico è “Di generazione in generazione”, Lech Walesa lo rappresenta assai bene, forse troppo bene, dato che si può tranquillamente sostenere che il suo indubbio carisma risale non ad una generazione fa, ma a ben due, e quindi oggi, in un mondo delle immagini che consuma rapidissimamente personaggi ed eventi, la sua figura di anziano sindacalista oggi collocato a riposo apChe ci fa Lech Walesa a Vicenza? C'è una ragione n (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)pare indubbiamente un po' sfocata, e tale non da richiamare immediatamente entusiasmi, forse neppure consensi. Ma, forse, proprio perché un festival, di qualsiasi razza sia, è una manifestazione complessa e coordinata, anche per quello intestato alla bibbia ci voleva un testimonial di per se stesso favoloso, tale da far risorgere vecchi fantasmi mnemonici in coloro che la memoria non l'hanno persa proprio del tutto, e da suscitare punte di svagata curiosità in coloro ai quali neppure il nome, di Walesa, dice qualcosa. E sì che, almeno a Vicenza, il nome di Lech Walesa dovrebbe essere in qualche ricordo se non altro ufficiale, da quando con delibera numero 83 del Consiglio comunale, auspice l'allora sindaco Antonio Corazzin, Vicenza gli dedicò con solenne seduta consiliare appositamente convocato la cittadinanza onoraria.

Ma probabilmente per nulla a caso il nome di Walesa è stato messo nell'intestazione del festival biblico. Il grande incontro di carattere religioso che si apre alla fine di maggio a Vicenza conclude un intenso periodo di rievocazioni storiche che si apre il Primo Maggio, con la grande funzione in piazza San Pietro per dichiarare ufficialmente la beatificazione del grande Papa Giovanni Paolo II. C'è indubbiamente una linea diretta, mai interrotta e neppure negata, che collega il grande Pontefice con il sindacalista polacco che fu il primo uomo al mondo a resistere vittoriosamente all'oppressChe ci fa Lech Walesa a Vicenza? C'è una ragione n (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)ione di un dominio esclusivo e invasivo come quello del comunismo sovietico, che nei Paesi cosiddetti “satelliti” di stretta osservanza verso i dettami del Cremlino, come nella Polonia di Jaruzelski, ebbe gli scolari più fedeli e diligenti. Si può anche dire, senza andare troppo lontani dalla verità, che se Walesa non avesse avuto il seguito mediatico di cui ha goduto, che lo ha portato al premio Nobel per la pace, e al grande consenso internazionale, senza il grande altoparlante che prima dalla cattedra arcivescovile di Cracovia e poi dalla sede romana gli costruì intorno il prima cardinale e poi Papa Karol Wojtyla, neppure il grande Papa venuto da oltre la Cortina di ferro e che è accreditato di aver dato l'ultima e più importante spallata per distruggere il muro d'odio costruito in mezzo all'Europa a dividere più le coscienze che i corpi, sarebbe riuscito così rapidamente nella sua missione se il terreno psicologico nella sua nazione, con un sentimento di ribellione che si allargò in breve a tutte le nazioni europee sottoposte alla dittatura e quindi anche al terrore comunista non gli fosse stato preparato e si può dire arato dalla dura, si può dire coriacea, opera di un attivista del sindacato degli scaricato ri porto di Danzica, che osò proclamare gli insindacabili diritti di libertà e di espressione delle proprie idee secondo i principi di un cristianesimo attivo che vedeva alfiere il combattivo cardinale di Cracovia.

Che ci fa Lech Walesa a Vicenza? C'è una ragione n (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Abbiamo ancora davanti agli occhi una vecchia foto in bianco e nero che mostra gli operai del grande cantiere navale di Danzica, da cui uscivano in parte anche le navi da guerra sovietiche, uniti e stretti quasi in una muraglia umana dietro il viso sereno ma dalla mascella quadrata del loro leader Lech Walesa. È lo stesso viso fermo e quasi duro di un Papa polacco che in quei giorni cominciò a gridare al mondo quello che fu il suo grido, di pace e di battaglia: «Non abbiate paura!». Mentre viene proclamato beato, ci sembra di risentirlo, in quelle prime occasioni in cui egli pronunciò il suo monito e il suo incoraggiamento. Quando, tra poco sarà a Vicenza Lech Walesa, che di questa grande stagione della coscienza umana segnata dalla presenza del grande papa polacco fu insieme profeta e testimone, ci piacerà ritrovare in lui non le reminiscenze ma le nostalgie e il persistente impegno per quei valori insieme umani e cristiani che segnarono la sua vita e le sue opere.

 

nr. 16 anno XVI del 30 aprile 2011

 

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