NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Quanta fatica essere imprenditori di se stessi

La crisi dell’economia discussa da due sconosciuti bloccati all’aeroporto, tra un sogno erotico condiviso e il ricordo di quando bastava avere un’idea per fare fortuna

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Quanta fatica essere imprenditori di se stessi

Giovedì 26, al teatro di Schio, si è conclusa la rassegna “Schio Teatro Veneto” con la pièce in prima nazionale “Imprenditori (Iva compresa)” di e con Mirko Artuso e Andrea Pennacchi. Un derattizzatore e un presentatore di televendite d’arte si ritrovano bloccati al gate di un aeroporto rumeno in attesa che il volo, in ritardo non quantificabile, li riporti in Italia. Diversissimi tra loro, scopriranno di condividere la passione per la stessa donna, Iva, commercialista che li respinge perché innamorata del direttore di banca che ha cercato di truffarli.

Quanta fatica essere imprenditori di se stessi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)È un dialogo tra sordi, non hanno nulla in comune principalmente per estrazione culturale. Nella vita reale persone così, se si incontrano non avrebbero alcuno scambio. Come regge un incontro di questo genere in scena?

Andrea Pennacchi: «Prima di tutto sono costretti. Queste sono le circostanze in cui accadono le cose più interessanti perché vengono fuori conflitti o vicinanze, per questo abbiamo strutturato in questo modo, in maniera che potessero venire in comunicazione».

L’annuncio in veneto per i frequent flyer dell’aeroporto rumeno è un’idea geniale, come vi è venuta in mente?

Mirko Artuso: «Dalle difficoltà che si hanno quando si viaggia e in particolare il veneto, che per l’inglese si affida al consulente o alla persona che lo conosce e che sa, perché impararlo non lo impara sostanzialmente nessuno, anche se magari si fanno un sacco di corsi, per cui quando sei in giro hai sempre bisogno di essere rassicurato da qualcosa che ti metta a proprio agio. L’idea è comunque quella che il veneto, come tutti gli italiani, esporta se stesso, vorrebbe mangiare gli spaghetti in Guatemala e riuscire ad essere sempre se stesso: è l’insegnamento dell’emigrazione. Da qui l’idea di un annuncio bello chiaro, confidenziale».

Il derattizzatore ha messo il nome tedesco alla sua ditta perché all’estero degli italiani non si fida nessuno, però sfrutta il luogo comune dell’italiano in cucina.

A.P.: «Mette insieme i cliché e funzionano perché, tra l’altro, noi prendiamo l’esempio dal vero Donadon che è davvero  un  importante derattizzatore e le cose che diciamo le abbiamo prese dal suo sito, modificandole per l’esigenza scenica, ma sono cose che dice lui».

Le televendite dell’arte: questo personaggio, secondo voi, che tipo di struttura narrativa e psicologica impiega per fare colpo sullo spettatore? Tanto più che ci sono vari tipi di televenditore d’arte, vari tipi di pubblico e vari tipi di aspiranti artisti ma il linguaggio è sempre lo stesso: presentatore in studio col quadro di lato, telecamera puntata fissa eccetera.

MQuanta fatica essere imprenditori di se stessi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica). A.: «Opera di persuasione nei confronti di un target che loro conoscono molto bene, perché hanno un contatto reale e fisico con il pubblico e con il mercato dell’arte: non è gente che parla a vanvera rispetto a un pubblico televisivo; infatti io dico che la differenza sostanziale tra la galleria d’arte e la televisione è che in una galleria d’arte tu riesci a curarti il cliente che quando entra è già motivato, in televisione tu parli con chiunque che però è un chiunque che si ferma a guardare quella cosa lì, allora tu hai un potere alla Wanna Marchi».

Si però Wanna Marchi vendeva sogni e miracoli, questi si rivolgono a un pubblico che spesso ne vorrebbe sapere qualcosa in più e che comunque ha possibilità di documentarsi perché se si va sulle riviste d’arte, anche online, comunque si hanno dei riscontri.

M.A.: «Sì, ma secondo me è un veicolo mediatico che comunque serve a generare un mercato che sennò non ci sarebbe, perché la persona qualunque non va a cercarsi il gallerista, allora grazie alla televisione va anche a cercarsi il gallerista, magari non compra in tv ma la tv gli permette di scoprire un mondo. È una promozione in tutti i sensi».

«Vanno male le borse a New York e non te vendi ociai a Schio, vanno bene le borse a New York e non te vendi ociai a Monte di Malo»: una volta, come dite nella pièce, bastava un’idea, facevi fatica ma avevi un futuro. È tramontata quasi definitivamente l’immagine del giovane rampante con una traiettoria in salita. Oggi il manager è spesso una persona impantanata.

A.P.: «Come la maggior parte degli imprenditori di se stessi, cioè di quelli costretti ad aprire la partita iva, a fare teatro. Quando noi diciamo che è fatica essere imprenditori di noi stessi è un momento di grande verità che sentiamo molto, perché ormai non hai più una prospettiva e quasi tutti non ce l’hanno, tranne qualche fortunato. In realtà lì non è una questione solo di manager, ma di una umanità occidentale dispersa e confusa, in lotta per la sopravvivenza immediata senza lungo termine. Lì è il momento in cui parliamo anche di noi».

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