NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Un Craxi evocato non imitato

Questa la confidenza di Alessandro Haber, l’attore che sulla scena del comunale ha interpretato l’uomo politico socialista durante il suo “esilio” ad Hammamet

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Hammameth

Mercoledì alla sala del ridotto del Teatro Comunale di Vicenza si è aperta la stagione del cartellone collaterale di prosa “Luoghi del contemporaneo” con la pièce “Una notte in Tunisia”, scritta da Vitaliano Trevisan in cui viene rappresentato Bettino Craxi, che nel testo viene chiamato semplicemente X, durante il periodo in cui si trovava ad HammamHammameth (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)eth. In un dialogo ironico continuo con il domestico e i famigliari, si srotolano riflessioni puntuali, amare e intelligenti sulla società contemporanea. Abbiamo incontrato Alessandro Haber, che nello spettacolo interpreta Craxi.

Hammameth (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)In questo testo vediamo come uno dei politici più influenti di quel periodo abbia un rapporto col potere che è molto diverso da come viene inteso oggi: Il potere coincide con la capacità decisionale a livello strategico. Anche se lui non è più al governo comunque ha un suo carisma e certamente una sua autorevolezza. Oggi sarebbe possibile scrivere una pièce su un personaggio politico italiano così strutturato e interessante ?

Alessandro Haber: «Forse su Berlusconi e la sua incapacità di fare politica. Oggi non ce n’è di personaggi di quel carisma e livello, come potevano essere Craxi, Berlinguer o lo stesso Almirante o altre persone con grande personalità. C’era la politica o sembrava che ci fosse, c’era il dopoguerra e da mettere in ordine l’Italia, oggi c’è centro-destra, centro-sinistra, ci sono pastette vere, questo governo Monti che sembra di stare nel limbo che meno male che è arrivato che ci ha salvati da una bancarotta totale, anche se anche lì, poi, chissà cosa c’è dietro, banche e interessi».

La politica era espressione di intelligenza. La distanza tra il popolo e i potenti era più che altro relativa alla piramide gerarchica: li si criticava sicuramente e nonostante facessero i loro interessi spesso sia la preparazione che l’intelligenza, nella maggior parte dei casi, non erano comunque messe in discussione. Oggi invece il popolo non si sente rappresentato dalla classe politica, perché vengono percepiti o incompetenti o quantomeno molto distanti. Quali sono, secondo lei, le differenze tra la classe politica di oggi e quella rappresentata dal personaggio X che saltano maggiormente all’occhio guardando la pièce?

«Al di là della personalità e del carisma credo che oggi la gente sia un po’ più cosciente di quello che ci stanno raccontando queste persone, se pensiamo la Regione con la Polverini o alla Lega, quello che è successo. Una volta credo che si usasse il potere e i soldi per fare propaganda politica, o almeno in parte; oggi i soldi sono presi a livello personale, questa è una grande differenza. Poi credo che i governanti comunque debbano scendere a compromessi e lui lo dice nel testo: ci raccontano molte falsità, non lavorano a favore del popolo o della gente che ha dei problemi per risolverli ma lavorano per le grandi banche o per interessi personali, per il potere, le grosse major, accumulo di danaro fine a se stesso, che poi non sanno manco quanti soldi c’hanno. Interessi che non guardano solo all’Italia ma trasversali, che abbracciano anche l’Europa, l’America e che sono legati a questo “telefono” che ha un colore preciso; fanno il buono e il cattivo tempo trattandoci come marionette».

Internet ha rivoluzionato in maniera irreversibile la fruizione dei prodotti di spettacolo: la politica tradizionale però sembra essere rimasta alla televisione e ne ha seguito il degrado espressivo in cui prevale il talk in cui ci si dà sulla voce e nessuno capisce cosa viene detto. L’unico che internet l’ha saputo sfruttare è stato Beppe Grillo, che però quando comincia a concretizzarsi davvero qualcosa, cede anche lui al linguaggio convenzionale della ripresa con la telecamera fissa alla scrivania, seduto in poltrona con la libreria dietro e di fianco il pc per non far dimenticare che comunque lui proviene da lì. Questo tipo di spettacolarizzazione sembra aver distrutto la politica e quindi la capacità davvero trascinante di chi dovrebbe essere una guida, come è successo? È un problema di linguaggio filmico-scenico-televisivo o di contenuti?

«Nel momento in cui entrerà davvero in politica e avrà i voti che probabilmente avrà, non potrà fare il fuoriuscito e nascondersi dietro a delle boscaglie. C’e un film con Marlon Brando che si chiama “Viva Zapata!” in cui lui faceva il rivoluzionario che combatte per il popolo, nel momento in cui arriva al potere e ha in mano tutto, diventa un carnefice come quello che ha combattuto e si omologa al modello. Se vuoi stare nell’establishment devi sottostare a quelle regole lì sennò ti fanno fuori. È un discorso difficile e utopistico. Grillo è ed è stato fuori da tutte le convenzioni ma non so se riuscirà a continuare a utilizzare quel tipo di metodologi a e messaggio. Lui è sempre stato molto aggressivo, e internet ora è forse più seguito della televisione, per cui non è che fa una cosa rivoluzionaria, usa un mezzo che arriva a più persone, è più alternativo e sembra un mezzo più anarchico e di sinistra».

La politica di quel periodo aveva una forte carica socializzante: la gente aveva piacere di partecipare, andare ai comizi eccetera. Oggi tutto questo non c’è più. Secondo lei la pièce mette in evidenza questo aspetto?

«Qua lui fa un esame e spolpa: è un uomo che sta morendo, non c’ha niente da perdere. Fa un esame di coscienza e si rivolge a un’Italia e a un modo di governare, una situazione di grande malessere e a chi ha il potere in mano e lo usa in maniera sbagliata; è un testamento che lui fa. Non credo che riguardi le masse, lui in questo caso è un uomo finito che cerca di ispezionare un modo di governare e di fare politica completamente finto e non corretto».

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