NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

L'ultima onda

di Pietro Rossi

facebookStampa la pagina invia la pagina

L'ultima onda

«Se impermeabilizziamo tutto è naturale che l'acqua vada a finire ad allagare le case. Nel presente l'unica soluzione per evitare disastri sono le casse di espansione. Anche in un territorio massacrato come quello della provincia di Vicenza qualche spazio per realizzarle c'è ancora». Il commento è di Lorenzo Altissimo, che dirige il Centro Idrico di Novoledo. Il laboratorio, che lavora sia per le acque del padovano che per quelle del vicentino si occupa di monitorare lo stato delle falde acquifere, comprese le analisi di laboratorio. «Il nostro lavoro non è certo quello di essere esperti di alluvioni - sottolinea - ma l'andamento delle falde è comunque legato a dei fattori che inevitabilmente coincidono con i problemi dei bacini». Quella vicentina è una provincia ricca di risorgive e di laghi sotterranei che dissetano una vasta area abitata. Nel corso degli ultimi decenni le falde sono però in uno stato di sofferenza. Il loro andamento è  discontinuo, ma, anno dopo anno, tendono ad abbassarsi. «Il rischio è la perdita del patrimonio idrico», spiega Altissimo che ha dedicato parecchi anni del suo lavoro alla ricerca delle cause del problema: «La prima è che, da alcuni decenni, le precipitazioni tendono a diminuire e poi piove in maniera disordinata, la pioggia si concentra in un periodo molto breve». Altra causa della mancata alimentazione delle falde è poi quella della cementificazione del territorio. «Dalla fine dell'800 ad oggi - conclude Altissimo - il territorio è stato urbanizzato per il 40%, il terreno è diventato impermeabile e impedisce all'acqua di nutrire le falde».

Di certo la pianificazione urbanistica non è stata fatta pensando ad un sistema idrico così complesso come quello della provincia vicentina. Semplificando, tutta l'acqua che ha invaso la pianura veneta il primo novembre, facendo esondare i fiumi, viene dalle montagne vicentine. Da una parte scende a valle attraverso il Chiampo, l'Adige e il Guà, dall'altra con gli affluenti che vanno nel Bacchilione. La piena che ha sconvolto la campagna veronese è stata portata dal Chiampo. Quella che ha invaso Vicenza, la provincia a valle ed il Padovano è arrivata con il Bacchiglione. Nella marea, c'è però chi si è salvato. Il Basso Vicentino, ad esempio, grazie al bacino di espansione di Montebello, costruito alla fine degli anni '20 dopo continue alluvioni nella bassa. Si tratta di una diga che contiene 6 milioni di metri cubi di acqua e che, anche ad Ognissanti, ha funzionato egregiamente. L'opera rimane però l'unica realizzata, anche se in progetto ce ne sono altre 7, presentate nei giorni scorsi dal Consorzio Bonifica Alta Pianura Veneta ai sindaci interessati e che andranno presto al vaglio del governo Regionale. I progetti si dovrebbero realizzare tutti "a monte": una cassa di laminazione delle piene del torrente Chiampo, che contenga un volume di 3,8 milioni di mc, nei Comuni di Zermeghedo e Montorso; un bacino di espansione a Trissino, per il torrente Gua e Frassine, con un volume di 3,9 milioni di mc; una cassa di espansione di 0,5 milioni di mc sul torrente Onte per il bacino del Retrone; una cassa di espansione sulla Roggia Dioma (0,5 milioni di mc); una cassa di espansione sul torrente Timonchio da 3,3 milioni di mc, ma con la previsione di allargarlo a 5 milioni; l'imponente diga di Meda (Valdastico), da 10 milioni di mc di volume; la cassa di espansione del torrente Astico.

Un lungo elenco, che però metterebbe in completa sicurezza tutte le provincie venete che hanno subito l'inondazione della scorsa settimana. Questa grande operazione di contenimento idraulico dovrebbe essere in grado, secondo le previsioni, di resistere ad  un'alluvione centenaria. Un'alluvione che si presume di grandissima portata, visto i precedenti e l'aggravamento del dissesto urbano e idrogeologico. Quando arriverà? Di sicuro, secondo le stime, entro questo secolo e sarà molto più grave di quella del giorno di Ognissanti. Le opere previste per contrastarla avrebbero un costo previsto di circa 300 milioni di euro e meno di un decennio per la realizzazione. I soldi ed il tempo - cioè l'attesa della grande alluvione - non sono però l'unico problema. Attualmente sulla cassa di laminazione del Chiampo, pesa la contrarietà delle amministrazioni Comunali di Zermeghedo e Montorso, mentre sulla grande diga a Valdastico c'è un problema logistico di grossa portata, visto che la sua costruzione andrebbe ad influire sulla nuova zona industriale di Valdastico, costruita proprio dentro ad un bacino di espansione delle acque. Il progetto sull'Onte e quello sul Timonchio hanno già il preliminare approvato, ma manca l'accordo con i privati. La struttura più semplice da eseguire è invece quella sull'Astico - costo 22,2 milioni - che prevede l'utilizzo di cave già esistenti in Comune di Sandrigo. Infine, su tutto questo, grava il fatto che l'Autorità di Bacino dell'Alto Adriatico, oltre a gestire un territorio vastissimo, ha pochi mezzi e soprattutto pochissimi fondi. E così, nell'attesa, c'è chi si arrangia da solo, come il Comune di Torri di Quartesolo, che ha ideato un sistema semplice ma efficace, sperimentato con successo il primo novembre. Il sistema funziona con dei pluviometri che misurano l'intensità della pioggia e con degli idrometri, presi in "affitto" dall'autorità di bacino, che indicano il livello dell'acqua nei fiumi. Il tutto viene elaborato da un software che prevede il verificarsi di una possibile esondazione. Alle 4 di mattina del 31 ottobre una telefonata, in automatica, ha svegliato il tecnico comunale già messo precedentemente in stato di allerta. Nel giro di poche ore si è mossa la protezione civile locale che ha provveduto ad installare le paratie, predisposte  da tempo, che alzano gli argini del Tesina ed in contemporanea la popolazione delle zone a rischio è stata allertata. A Torri di Quartesolo la piena è passata senza danni. Costo di tutta il progetto? Poco più di ventimila euro. Nei giorni scorsi il Comune di Vicenza ha preso contatti con Torri di Quartesolo per cercare una soluzione simile anche per il capoluogo. Un primo passo di autogestione, con la speranza che quei fiumi che non trovano più spazio nel terreno siano clementi in attesa di quelle infrastrutture che rischiano pure loro di non trovare posto nella metropoli diffusa.

 

Fonte: Il Bacchiglione (Cierre Edizioni) e "L'impronta ecologica della Provincia di Vicenza", rapporto Accademia Olimpica (2004)

 

nr. 41 anno XV del 13 novembre 2010

« ritorna

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar