NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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“100 Erbe di Gusto: antologia di erbe spontanee commestibili del territorio”

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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“100 Erbe di Gusto: antologia di erbe spontanee co

Amedeo Sandri ci racconta le erbe a modo suo, tra sapori in cucina e ricordi d'infanzia.

«La natura va rispettata perché ci offre i suoi meravigliosi frutti. Dopo il letargo invernale, quando ancora la neve non è del tutto scomparsa, ecco i "rampussoli" (Raperonzoli) da mangiare crudi in insalata, ma anche cotti in frittate e risotti. Con i "pissacan" (Tarassaco) ci si depura e si entra in quaresima nutrendosi con erbe amare, lessate, o "còte in tecia". È quasi primavera e "bruscandoli", "sciopèti" e "sparasele" la fanno da padrone in una natura che sboccia a nuova vita. Innumerevoli le preparazioni fattibili ma, a mio avviso, non devono essere troppo stravaganti. L'innovazione va bene quando si tratta di sfoltire di grassi i cibi per renderli più leggeri e salutistici, ma perde il suo senso nel momento in cui vuole a tutti i costi stupire. Credo che i frutti della terra siano già ricchi e completi da non aver bisogno di aiuti. Le tenere foglie dell'aglio orsino possono così vestire una capasanta da cuocere al forno o sulla griglia. I giovanissimi germogli delle "farinèle" sono eccellenti se intinti in una pastella di acqua frizzante e farina e fritti in olio di arachidi o girasole. E che dire delle ortiche, strumento di tortura con cui i monaci medioevali si flagellavano, ma usate anche per tingere la biancheria, per preparare infusi e medicinali, per confezionare ripieni di ravioli, crespelle, pasticci e timballi. Per non parlare di risotti, di un colore verde brillante da lasciare senza fiato, da gustare ad occhi chiusi nella loro soave intensità. E le "bardasse"? Quando ero bambino le ricercavo come frutto da cucinare grazie al sapore dolciastro dei germogli e mia madre le cuoceva come i pissacan e le "rosole", germogli delle piante di papavero, soprattutto la sera e nei giorni dedicati alla festa. Mentre le tenere foglie di malva finivano nei minestroni di metà settimana che utilizzavano il brodo di carne della domenica precedente tenuto in cantina. Quando poi, con la salita delle mucche in malga e la fine della scuola, si cominciavano le escursioni in montagna, si tornava a casa con il "kumo", cumino dei prati, molto apprezzato nelle preparazioni di zuppe e risotti. Si portava a casa anche un ramo di "cornolaro" con il quale il nonno avrebbe preparato il bastone per andare in montagna la stagione successiva. Ma sempre rispettando l'ambiente, evitando frenesie. I nostri vecchi sostenevano che rispetto viene da rispetto: adesso che tutto sembra sorpassato ed antiquato è bene ricordarlo».

«Ci auguriamo che questo volume possa riscontrare l'interesse che merita - dice Domenico Drago, presidente della Banca Alto Vicentino che ha finanziato l'opera - e soprattutto contribuisca a non dimenticare un patrimonio di conoscenza, pur fatto di cose semplici come possono essere le erbe spontanee, che molte volte ha contribuito a combattere la fame e a fornire rimedi contro le malattie».

nr. 47 anno XV del 25 dicembre 2010

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