NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Il palazzo, il restauro, il riuso

di Fiorenza Conti

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Il palazzo, il restauro, il riuso

Il restauro conservativo ad opera degli architetti Paolo e Chiara Balbo

L’intervento di restauro, che ha escluso azioni invasive, è iniziato nel settembre 2007 ed è terminato nell’aprile 2010. Il progetto dell’intervento e la direzione artistica sono stati affidati agli architetti Paolo e Chiara Balbo di Vicenza. L’appalto se l’è aggiudicato l’Impresa di Costruzioni Edili De Facci Luigi Spa di Vicenza.

Il palazzo, il restauro, il riuso (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)In primis, sono state effettuate sistematiche e certificate indagini (ben 150 saggi in profondità solo per le indagini statiche). Poi, in base alla previsione di un funzionale riuso del palazzo «i problemi più ardui che si sono dovuti affrontare – rivelano gli architetti Balbo, padre e figlia - ottemperando anche alle prescrizioni della L. 13/1898, sono stati quelli relativi all’introduzione degli impianti meccanici e degli ascensori senza farli interferire con la spazialità e gli apparati freschivi delle sue stanze. I problemi statici sono stati risolti con l’ingegner Giuseppe Piccioli. In sostanza, il restauro si è articolato nella rimozione degli intonaci cementizi (interni ed esterni); nel consolidamento delle strutture portanti e sostituzione dei solai lignei; nel risanamento delle murature dall’umidità; introduzione di nuovi impianti meccanici ed elettronici con il progetto dei corpi illuminanti sia interni ed esterni; nel rifacimento dei pavimenti interni “alla veneziana” e di quelli esterni; riqualificazione del parco; infine si è provveduto al restauro conservativo degli intonaci e degli stucchi dell’importante apparato pittorico».


Il recupero dell’apparato decorativo

Il palazzo, il restauro, il riuso (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Gli ambienti interni del “bel Palagio” sono ornati da cicli di affreschi succedutisi nei secoli e logorati dal tempo e dall’umidità oltre che dall’incuria e da impropri interventi. Questo apparato decorativo «è dovuto ad una committenza prestigiosa e del tutto inedita del contesto locale, quella dei Giustiniani - come sottolinea la sopraintendente Chiara Rigoni nella pubblicazione sopracitata. Si deve a Franco Barbieri la prima importante valutazione critica degli affreschi del piano nobile. Lo studioso ha posto in relazione questo ciclo pittorico con il vasto apparato decorativo, ispirato a tematiche classiche e mitologiche, realizzato da una schiera di artisti foresti nel prestigioso palazzo Trissino rinnovato tra il 1661 e il 1667, da Antonio Pizzocaro (…). Nell’edificio sono documentati tra il1661 e il 1664 i bresciani Giambattista Gattucci e Giuseppe Arringhi, entrambi quadraturisti, e lo stuccatore intelvese Giambattista Barberini, e il milanese, ma di cultura romana, Il palazzo, il restauro, il riuso (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Giovanni Ghisolfi, l’artista di maggior spicco, cui spetta il ruolo più rilevante nell’impresa (…). Egli realizza qui gli affreschi del salone d’onore dove inscena una vigorosa rappresentazione con la Caduta dei Giganti, oggi perduta, e un importante ciclo con l’Apoteosi della famiglia Trissino emblematicamente rappresentata dall’aquila, solo in parte sopravvissuto. Da ultimo, dopo il 1664, nella decorazione intervenne il veneziano Giulio Carpioni, capofila della corrente classicista e all’epoca il pittore più apprezzato e ricercato a Vicenza».

I suoi affreschi si possono oggi ammirare nella “Stanza Carpioni”, mentre nella “Stanza di Pitagora” e nella “Stanza delle Metamorfosi” e nella “Stanza di Alessandro Magno” si trovano i fregi di Ghisolfi.

 

nr. 15 anno XVI del 23 aprile 2011

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