NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

Il violino che suonò per il Papa

Intervista a Vadim Brodsky il musicista russo che ha inaugurato la stagione primaverile del Teatro Olimpico, l’artista si esibì per Giovanni Paolo II

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

facebookStampa la pagina invia la pagina

Il violino che suonò per il Papa

La stagione primaverile del Teatro Olimpico si è aperta mercoledì sera con il "Concerto per violino e orchestra in Re maggiore opera 35" di Tchaikovsky per poi proseguire, nella seconda parte del programma, con la “Settima Sinfonia” di Dvorak. La serata è stata diretta dal M° Giancarlo De Lorenzo, già direttore artistico dell’Orchestra del Teatro Olimpico, oggi direttore artistico della stagione ”Spazio Sinfonico” di Brescia, direttore principale dell’Orchestra Filarmonica Italiana, dell’Orchestra Il violino che suonò per il Papa (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Sinfonica di Grosseto nonché direttore resident dell’Orchestra Sinfonica di Sanremo. Il M° De Lorenzo ha espresso grande emozione salutando e ringraziando il pubblico, l’Orchestra e i due presidenti che lo hanno sostenuto e spronato, Mander e Coppola, dicendo inoltre che chi fa questo lavoro è molto fortunato, perché viene travolto dal punto di vista emotivo e si ha quindi il dovere di comunicare queste emozioni. La prima parte del programma è stata caratterizzata dalla presenza del celebre violinista Vadim Brodsky, pronipote di Adolf Brodsky [a des.], al quale Tchaikovsky affidò l’esecuzione del concerto al debutto di Vienna del 1881. L’interpretazione del M° Brodsky ha riscosso un tale successo che è stato concesso un bis: un capriccio per violino di Ernst, “L’ultima rosa dell’estate”. Il M° Brodsky ha suonato per la prima volta da solista a soli 11 anni con la Filarmonica di Kiev. Nonostante la sua attività sia stata ostacolata dal regime sovietico alla fine degli anni ‘70, Brodsky riesce ad affermarsi in Occidente, partendo da New York per poi esprimere le sue capacità di concertista con le orchestre di tutto il mondo, tra cui la London Philarmonia, la Filarmonica di Mosca, Filarmonica di San Pietroburgo, Gerusalem Symphony, Los Angeles Symphony, la Sinfonica di Siviglia e molte altre. Ha anche collaborato con L’orchestra della Rai e ha suonato in Vaticano per Papa Giovanni Paolo II. Lo abbiamo incontrato.

Questo concerto per violino è famosissimo. In alcuni momenti potrebbe ricordare anche il celebre Concerto per pianoforte nr 1 o anche opere come “Il lago dei cigni” o “La bella addormentata”. Cos’è che caratterizza così fortemente Tchaikovsky da distinguerlo immediatamente anche all’orecchio di un ascoltatore poco esperto?

«La linea melodica. Leggermente “piagnucolevole”, un mio neologismo, un po’ strappalacrime. È una musica immediata, che ti prende subito e che va direttamente al cuore. Io ho una mia particolare teoria: siccome la musica è quasi al limite, bisogna suonarla in maniera molto classica e rigida, ritmicamente, senza troppi glissando, non farla diventare un po’ troppo dolce».

Lei è il pronipote di Adolf Brodsky, che fu il violinista a cui Tchaikovsky affidò la prima esecuzione il 4 dicembre del 1881, dopo che alcuni altri violinisti rifiutarono per via della difficoltà.

«Tchaikovsky [a sIl violino che suonò per il Papa (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)in.] era omosessuale e il suo amico intimo era un violinista, si chiamava Kotek, era polacco e viveva in Russia. Tra l’altro, a Kotek fu dedicato un famoso pezzo corto brillante, di Tchaikovsky, che si chiama “Wals-Scherzo”. Tchaikovsky voleva dedicare anche il “Concerto per violino” a questo suo amico che, tra l’altro, credo che fosse il primo violinista che lo aiutava nella parte del violino. Per ragioni che noi conosciamo oggi, per non fare scandalo, Tchaikovsky dedicò questo concerto a Leopold Auer, di San Pietroburgo, che possiamo considerare il “padre” di tutti i famosi violinisti del XX secolo. Forse perché la parte era scritta in maniera troppo complicata, non volle suonarla per due o tre anni. Tchaikovsky si arrabbiò, cancellò la dedica a Leopold Auer e dedicò questo concerto a Adolf Brodsky, che all’epoca era molto in voga. Lui imparò questo concerto in due o 3 mesi, fissarono la prima assoluta a Vienna, Brodsky fu molto acclamato dalla stampa ma il concerto fu totalmente stroncato. Il principale giornalista dell’epoca, Hanslick, era amico di Brahms. Brahms e Tchaikovsky si odiavano e il giornalista, per fare un piacere al suo amico, scrisse che il terzo movimento puzzava di aringhe con cetrioli sotto sale e vodka. Grosso modo questa è la storia».

Cosa vuol dire avere un legame così stretto con un caposaldo imprescindibile della cultura mondiale come Tchaikovsky?

«Io adoro questo concerto anche per un'altra ragione un po’ prosaica perché mi ha portato più soldi di tutti gli altri compositori! Scherzo, ma l’ho suonato più volte, forse la gente collega il primo esecutore di questo concerto con me, la gente ama le storie molto romanzesche!».

Nella storia della musica anche moderna è successo più volte che i compositori scrivessero della musica di difficile esecuzione. Conoscendo gli strumenti e le possibilità di esecuzione, come avviene che si spingano così oltre?

«Stiamo toccando un argomento molto complicato, ci vorrebbero 3 o 4 ore per risponderle. I concerti violinistici più complicati di quelli di Tchaikovsky, come tecnica, sono un concerto di Sibelius e uno di Penderecki. C’è una differenza di 100 anni. Erano dei rivoluzionari. Il concerto di Sibelius è sempre stato considerato inavvicinabile, non lo faceva mai nessuno e ora si vede che è uno dei concerti più belli mai scritti. Lo vedevano proprio così oppure non si rendevano conto: non erano maggiormente violinisti. I violinisti pensavano ai loro eventuali colleghi esecutori e le cose scritte, per esempio, da Paganini sono scritte in maniera violinistica, sono molto “comode” da suonare».

La prima fu stroncata dalla critica e poi ottenne il successo che conosciamo ancora oggi. Perché questo fenomeno si ripete molto spesso con i capolavori di qualsiasi forma artistica?

«I compositori molto spesso vanno oltre, avanti. Mi hanno raccontato alcuni colleghi più vecchi che l’orchestra del Bolshoi, negli anni ’50, si rifiutava di suonare “Romeo e Giulietta” di Prokofiev, il balletto, perché era scritto in maniera non classica e troppo rivoluzionaria».

continua »

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar